I floppy disk

Durante i primi anni di utilizzo dei floppy a singola faccia molti utenti impiegarono una piccola astuzia per utilizzare entrambi i lati dei loro costosi floppy. Poiché entrambe le superfici del disco erano ricoperte di materiale magnetico (anche in quei floppy che erano marcati “single side”), si utilizzava il lato opposto dopo aver realizzato delle modifiche al disco per “imbrogliare” il lettore. Poiché il disco era inserito capovolto, questo tipo di floppy venne chiamato “flippy disk”.

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I due lati dello stesso flippy disk, l’etichetta è posta su entrambi i lati – Foto Luigi Serrantoni

Nei dischi marcati “single side” poteva essere che il secondo lato del floppy non fosse stato testato o che si trattasse di dischi a doppia faccia declassati a singola faccia poiché non avevano passato il test, ma nella pratica gli utenti non riscontrarono problemi ad utilizzarli su entrambi i lati.
Un altro potenziale problema era generato da questa tecnica. Poiché girando il floppy il supporto ruotava nella direzione contraria a quella solita, le particelle di polvere raccolte dai tessuti posti sulle superfici interne dell’involucro potevano essere liberate e danneggiare testine e supporto.

Questa pratica era conosciuta ed utilizzata già all’epoca dei drive da 8”, ma si diffuse solo con l’utilizzo dei nuovi floppy da 5”1/4 sui personal ed home computer. Questo soprattutto perchè furono gli utenti privati a sentire maggiormente il problema del costo dei floppy.
L'idea del "disco reversibile" fu addirittura brevettata. La Information Terminals Corporation (costruttore di floppy e proprietaria del marchio Verbatim) presentò nel 1974 domanda di brevetto per un disco di questo tipo (brevetto US 3,932,895).

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Disegno del floppy "reversibile" dal brevetto ITC

I maggiori utilizzatori del flippy disk furono i possessori di computer che non utilizzavano il foro di indice, come l’Apple II ed il Commodore 64.
In questi sistemi era sufficiente praticare sul floppy una tacca addizionale di abilitazione alla scrittura. Senza questa tacca il drive non permetteva la scrittura sul disco.

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Spiegazione della tacca di protezione dalla scrittura dal manuale di un drive Siemens

Il taglio veniva praticato con le forbici od utilizzando appositi perforatori commerciali denominati “disk doubler”.

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Un disk doubler - Foto Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 2.5 Afrank99

Il flippy disk non corrispondeva comunque ad un disco a doppia faccia, poiché sul lato inferiore i dati erano registrati con il senso di rotazione opposto, si trattava in realtà di due dischi separati nello stesso contenitore.

Nei computer che utilizzavano il foro indice del floppy era necessario realizzare anche due ulteriori aperture nella custodia del floppy per consentire al drive di accedervi quando il disco era rovesciato. Si trattava però di una operazione difficile e rischiosa per l’integrità del supporto. Per facilitare questa intervento esistevano delle “maschere guida” che consentivano di tracciare con precisione la posizione dove doveva essere eseguito il foro. Tra questi attrezzi il "Berkeley Microcomputer Flip-Jig" che era disponibile sia per dischi da 8” che da 5”1/4.

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Disegni di un perforatore del foro indice per floppy da 8", da brevetto USA 4466024

I flippy disk da 8” richiedevano la sola modifica delle aperture per l’accesso del foro indice. In questi drive la logica di funzionamento della protezione alla scrittura era inversa. Il disco era venduto senza tacche (scrittura abilitata), se lo si voleva proteggere era necessario realizzare la tacca con un apposito perforatore.

Si diffusero sul mercato anche dei flippy disk da 5”1/4 già modificati, che possedevano sia la doppia tacca di write enable che il doppio foro sulla custodia per il foro di indice.

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Un floppy standard (sinistra) e un flippy disk commerciale con doppia finestra per il foro indice
e doppia tacca di write enable (destra) – Foto Luigi Serrantoni

Furono costruiti anche drive da 5”1/4 dotati di doppio sensore per la tacca di abilitazione alla scrittura e doppio sensore per il foro indice, in modo da non dover modificare il floppy. Questi drive, denominati “flippy drive”, furono utilizzati in particolare sul Tandy TRS 80. I modelli Pertec FD200 ed alcune versioni del Siemens FDD100-5 sono esempi di questo tipo di drive.

Si trovavano anche dischi di software commerciale che utilizzavano questa tecnica. Nella seguente immagine di un flippy disk Apple i due lati contengono lo stesso programma in versione per video a 40 o 80 colonne. Si noti la mancanza di entrambe le tacche di abilitazione alla scrittura, questo evitava che il disco fosse sovrascritto involontariamente.

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Un flippy disk della Apple – Foto Luigi Serrantoni

Un caso un po' particolare fu il gioco Karateka per Apple II del 1984; quando si inseriva il disco rovesciato anche il gioco era mostrato a video rovesciato.
Alcune software house utilizzarono questa tecnica per fornire sullo stesso disco due versioni dello stesso programma per macchine diverse (per esempio lo stesso gioco per TRS 80 e per Apple II).
In altri casi le due faccie venivano usate per memorizzare lo stesso programma ma in due formati diversi di registrazione, a 40 tracce ed a 80 tracce. Esistevano infatti computer che potevano essere dotati di entrambi i tipi di drive, ma quello da 80 tracce non supportava la lettura dei dischi con 40 tracce.

Venivano comunemente chiamati “flippy disk” anche i floppy da 3” sviluppati da Maxell, Hitachi, e Matsushita all’inizio degli anni 80, ed utilizzati su diversi sistemi casalinghi, come lo Spectrum +3 e i sistemi di videoscrittura Amstrad. Questi dischi erano nativamente previsti per essere utilizzati su entrambi i lati, senza richiedere nessuna modifica.

Con la diffusione dei drive a doppia faccia, divenuti popolari con l’avvento dei personal computer MS-DOS, la pratica del flippy disk andò a sparire.

Bibliografia

 “TRS-80 Model I/III/4: Frequently Asked Questions”, Tim Mann, v 1.62, 2009/10/02
 “A Method of Reducing Cost in CT Systems That Employ Floppy Discs”, Laurence D. Cromwell, William E. Moore, Douglas Schumacher, and Aly Salam, American Journal of Roentgenology n. 129, Dicembre 1977

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